ESTORSIONE MAFIOSA, ARRESTATO UN RESIDENTE A MONTEVARCHI
Data pubblicazione
23/02/2011 23:56:39
Una vasta attività estorsiva ai danni di imprenditori e commercianti della Riviera Romagnola è stata stroncata dai carabinieri dei Ros di Bologna che all'alba hanno eseguito dieci fermi firmati dal pm della Dda felsinea, Enrico Cieri.
Tra i nomi anche un residente ad Arezzo Massimo Venosa, 35enne di Caserta, residente a Montevarchi.
In carcere sono finiti altrettanti presunti esponenti dei clan campani dei Vallefuoco, dei Maraniello e dei Casalesi. Le ordinanze sono state eseguite in parte in Campania e in parte in Romagna. Almeno due gli imprenditori taglieggiati che, sentiti dai militari, hanno poi confermato quanto le indagini avevano già appurato. Nessuno però, a quanto si è appreso, aveva mai denunciato di essere vittima di estorsioni. E secondo gli inquirenti sarebbero molti altri i commercianti finiti nel mirino dei clan e rimasti finora in silenzio.
"I metodi usati dagli arrestati erano evidentemente tali da incutere terrore nelle vittime convincendole a non parlare", ha spiegato un inquirente. In base alle indagini il sodalizio 'agganciava' le vittime attraverso una società di recupero crediti, la Ises. Quando un imprenditore si rivolgeva a loro per recuperare i propri soldi in realtà era poi costretta a pagare più di quanto non avesse recuperato. Il meccanismo era stato scoperto dai militari e alla fine di luglio un paio di taglieggiati hanno poi confermato.
Dalle intercettazioni è emerso anche che i tre clan non si facevano la guerra ma collaboravano tra loro spartendosi i proventi delle estorsioni. Per esempio i Vallefuoco avevano avuto una diatriba interna con i fratelli Ernesto e Luigi Luciano e avevano riacquistato il controllo dell'area rivierasca grazie a nuove alleanze e accordi di pacificazione con il clan Maraniello capeggiato da Giuseppe. Quest'ultimo, secondo l'accusa, era diventato il punto di riferimento dei gruppi criminali campani che operano sulla Riviera Romagnola. Ma insieme a loro agiva anche la fazione dei Casalesi che fa capo a Francesco Schiavone, detto Sandokan.
"A dimostrazione - ha detto il procuratore capo di Bologna nonchè coordinatore della Dda felsinea, Roberto Alfonso -, che ormai quel territorio era diventato terreno di conquista da parte delle organizzazioni del sud che portano avanti tentativi di infiltrazione così come da noi già denunciato più volte".
Una vittima dopo aver subito minacce e violenze fisiche era stata costretta ad assistere al pestaggio di un altro imprenditore che si era rifiutato di pagare. Ed era stato spaventato con la minaccia di vedersi rapire i figli. Le vittime non solo dovevano pagare, ma spesso venivano depredate anche di merce (come costosi vestiti) e oggetti personali (come costosi orologi Rolex). Nel mirino dei clan era pure finito un usuraio costretto a pagare il pizzo. A un imprenditore avevano chiesto la sottoscrizione di una polizza vita il cui premio sarebbe stato poi incassato dai camorristi in caso di morte.
I militari hanno eseguito pure decreti di perquisizione a carico degli arrestati e di altri 17 indagati. Tra gli indagati c'è anche il figlio di Sandokan, Nicola Schiavone. Altri due presunti affiliati (Francesco Agostinelli e Francesco Sinatra) erano già stati arrestati il 4 febbraio scorso per porto abusivo di pistola e detenzione ai fini di spaccio di 500 grammi di cocaina ed eroina. Per gli inquirenti "il fatto che le vittime non fossero corregionali mostra il grado di maturazione criminale non trascurabile raggiunto".
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