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"Dopo una segnalazione del febbraio scorso dove evidenziavo che al Distretto Sanitario di Figline Valdarno vi erano, per i prelievi ematici, persone ammassate all’interno degli angusti locali, tanto che era difficoltoso raggiungere perfino il servizio igienico. Con molte persone ad attendere all’esterno, praticamente in mezzo ad un campo.
E’ pervenuta, qualche giorno fa, a metà marzo una risposta da parte dell’Azienda Sanitaria di Firenze che ha riconosciuto la fondatezza della problematica segnalata, così come ha riconosciuto il lungo protrarsi di detta criticità e rendendo, altresì, nota la dimensione del problema in questione “…. accesso diretto …. con una media di circa 110 prelievi giornalieri ….. con inizio dalle ore 7,15 …”, non solo ma, si riconosce anche una criticità legata alla privacy dell’assistito.
Quello che risulta oramai chiaro è che i locali del Distretto Sanitario di Figline – segnatamente alla parte afferente gli spazi al pubblico durante i prelievi ematici –, presentano una marcata criticità e che questa situazione problematica è riconosciuta, quindi ufficializzata, dalla ASF stessa.
Se l’Azienda Sanitaria di Firenze riconosce e attesta tutto questo: sorge spontaneo chiedersi se non sia presente anche un problema legato all’agibilità di questi locali, specificatamente, per il carico di utenti, come indicato nella nota della ASF stessa 110 mediamente al giorno? I locali sono stati collaudati e dichiarati agibili per il carico di presenze anzidetto (antincendio numero massimo di pubblico ammissibile servizi igienici ecc.)? O vengono usati cosi…. alla bell’e meglio? Un qualsiasi locale pubblico ha bisogno dell’agibilità, un piccolo corridoio di circa di due metri di larghezza è agibile per una media di centodieci (diconsi 110) utenti/giorno nelle due ore e mezza di attività del servizio dei prelievi ematici? Come si può esser convinti che un piccolo corridoio di circa due metri sia agibile per oltre centodieci persone transitanti – con attesa – in due ore e mezza? E’ uno standard della “Sanità Toscana” far attendere gli utenti all’aperto?
Se tale agibilità non c’è, come pare evidente non esserci, se tali criticità sono reali e riconosciute dalla ASF stessa, si pone o no – immediatamente – il problema dell’adeguare con urgenza i locali non adeguati? Mi chiedo, se succedesse un incidente in questi locali, chi sarebbe responsabile della mancata evacuazione?
Sulle soluzioni proposte dalla ASF, “programmazione dell’attività di prelievo a numero chiuso” o “tamponare i lati perimetrali del piccolo loggiato esterno”, c’è da ringraziare l’ASF stessa per lo sforzo propositivo profuso, ma non è chiaro se quelle indicate possano essere le sole soluzioni possibili e se non ne esistano di più moderne ed efficaci, voglio sperare che la ASF – essendo il problema, per sua stessa ammissione, noto da tempo - abbia ben esaminato, progettato, analizzato e finanziato i costi per una soluzione adeguata del problema in essere. Voglio sperare cha la ASF sia solidamente strutturata per un intervento risolutivo.
Chiedo, a chi di dovere, di trovare, perfezionare ed attuare le soluzioni adeguate per un problema certificato essere in esistenza, che – insisto! – non consente più intollerabili rinvii o soluzioni abborracciate. Il problema c’è da tempo. Ora è il tempo di risolverlo efficacemente."
Otello Scapecchi
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